Costi infragruppo deducibili solo se supportati da prove concrete e utilità effettiva
La Cassazione esclude la semplice esistenza di contratti tra società del gruppo come prova sufficiente dell’inerenza ai fini fiscali.

Con la sentenza n. 9132 del 2025, la Corte di cassazione ha stabilito che, in materia di accertamento societario, i costi sostenuti da una controllante e addebitati alla controllata sono deducibili dal reddito di impresa solo se derivano da servizi effettivamente resi e da cui la società beneficiaria abbia tratto una concreta utilità economico-imprenditoriale.
Il caso riguardava una consociata italiana destinataria di un avviso di accertamento per costi dedotti in relazione a servizi infragruppo. Dopo un primo rigetto in Ctp e una successiva decisione favorevole in Ctr, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, rinviando la questione alla giustizia tributaria regionale in diversa composizione.
Secondo i giudici, in presenza di rapporti infragruppo, la semplice esistenza di contratti e fatture non è sufficiente a dimostrare l’inerenza dei costi. È necessario, invece, che la società produca documentazione dettagliata che attesti l’effettiva prestazione e utilità dei servizi ricevuti. L’onere della prova grava sulla consociata che intende dedurre tali spese.
In un contesto di gruppo dove la controllante può orientare l’attività delle controllate, la Cassazione ha chiarito che non basta la formalizzazione contrattuale, ma serve sempre una prova puntuale dell’effettività e della pertinenza economica dei costi dedotti.