Sì (ma con limitazioni) alla detrazione per la fattura con aliquota IVA errata

La Cassazione: in caso di indebita detrazione per errata applicazione dell’aliquota Iva, il cessionario o committente può detrarre l’imposta solo nei limiti dell’aliquota corretta.

Sì (ma con limitazioni) alla detrazione per la fattura con aliquota IVA errata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4101 del 17 febbraio 2025, ha confermato che, in caso di indebita detrazione per errata applicazione dell’aliquota Iva, il cessionario o committente può detrarre l’imposta solo nei limiti dell’aliquota corretta e non per l’intero importo versato. La richiesta di rimborso può avvenire esclusivamente impugnando l’atto che ha negato la detraibilità dell’Iva di rivalsa.

Il caso riguardava una società in concordato preventivo che aveva chiesto il rimborso dell’Iva versata erroneamente con un’aliquota del 20% anziché del 10%. L’Agenzia delle Entrate aveva respinto la richiesta, ritenendo che la norma invocata non fosse applicabile e che la società non fosse legittimata a chiedere il rimborso direttamente all’Erario.

Dopo un primo giudizio favorevole alla società, la Ctr della Lombardia ha accolto l’appello dell’Agenzia, ribadendo che il cessionario non può richiedere il rimborso direttamente al Fisco, ma deve rivolgersi al cedente. La Cassazione ha confermato questa interpretazione, chiarendo che il diritto alla detrazione si applica solo alle imposte effettivamente dovute e non a quelle erroneamente fatturate.

In sintesi, la Corte ha ribadito che la richiesta di rimborso dell’Iva indebitamente pagata deve essere avanzata attraverso l’impugnazione dell’atto che ha negato la detraibilità e che la sola dichiarazione di fallimento o concordato del cedente non giustifica la richiesta diretta all’Erario da parte del cessionario.

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